Il ginocchio è una complessa articolazione composta dal femore, dalla tibia e dalla rotula e svolge fondamentalmente un movimento di flesso-estensione. Le superfici ossee sono a contatto fra loro mediante uno strato di cartilagine reso congruente dai menischi e stabile dai legamenti. Quando la cartilagine si consuma deformando l’articolazione si rende necessaria la sostituzione delle zone malate. L’intervento di protesi di ginocchio prevede appunto la sostituzione totale (protesi totale) o parziale (protesi monocompartimentale) dell’articolazione del ginocchio. La protesi è costituita da una componente femorale e da una componente tibiale che vanno a sostituire la corrispondente superficie cartilaginea danneggiata dalla malattia. Le componenti a contatto con l’osso sono composte da leghe metalliche mentre tra le due viene interposto un inserto in materiale plastico, polietilene, che le rende congruenti permettendo così al ginocchio di muoversi. A seconda della qualità dell’osso del paziente la protesi può essere cementata o non cementata.
Come sopra accennato quando la degenerazione della cartilagine raggiunge un livello tale da deformare il ginocchio causando un dolore ed una limitazione funzionale con controllabili con il trattamento conservativo (terapia medica antidolorifica, fisioterapia ed infiltrazioni articolari) significa che si è raggiunto un punto di non ritorno e la situazione clinica può essere migliorata solo con l’intervento.
La base di partenza è sempre una visita specialistica ortopedica con un esame radiografico eseguito sotto carico. Successivamente, se dalla visita emergesse la necessità di approfondire la situazione sarà lo specialista a richiedere un’integrazione diagnostica con una RMN o una TAC in base al quadro clinico.
Con il miglioramento delle tecniche chirurgiche, delle tecniche anestesiologiche e di controllo del dolore post-operatorio il recupero è sicuramente più semplice rispetto al passato recente.
Tuttavia, la ripresa completa, soprattutto dopo un intervento di protesi totale (il recupero di una protesi monocompartimentale, essendo meno invasiva, è senza dubbio più rapido e semplice) non è corretto definirlo come una “passeggiata”. Il paziente dovrà eseguire un periodo di recupero fisioterapico post-operatorio di almeno 1 mese eseguito da personale specializzato e saranno necessari almeno 3 mesi per “dimenticarsi l’intervento”.
Questo è un argomento che suscita molto clamore, forse eccessivamente, ma le linee guida internazionali sono abbastanza chiare. Un conto è chiedere “alla propria protesi” di giocare a golf, di fare un doppio a tennis o al limite di praticare uno sci tranquillo, un altro è quello di giocare a calcetto o di fare motocross. La protesi è pur sempre una macchina e come tale è sottoposta a fenomeni di usura che nel tempo portano al fallimento dell’impianto per cui bisogna trattarla con il dovuto rispetto e soprattutto evitare attività a rischio di trauma che possano causare una frattura dell’osso che accoglie la protesi. Inoltre è molto importante considerare il livello di attività sportiva che si svolgeva prima di sottoporsi all’intervento. In pratica una persona che ha sempre sciato potrà continuare a sciare anche con la sua protesi mentre non è consigliabile iniziare a sciare dopo essersi operato se per anni non si è mai svolta questa attività.